Sulla lingua della poesia ...
La lingua della poesia è la stessa che vive tra le nostre labbra ogni giorno, la differenza sta
nella tensione, in una carica elettrica che la poesia ha in sè, ed è la stessa che si crea quando
parliamo mossi dall'amore, come quello tra una madre e il suo bambino, tra gli amanti, tra un
essere umano e il suo gatto.
Sentiamo come insufficiente il linguaggio, come ogni parola sia travalicata da qualcosa di più
grande, ogni parola è un tentativo fallito di stringere ciò che amiamo. E la poesia si confronta
con questo limite del linguaggio, lotta nella speranza di portarci un millimetro oltre quel
confine. E' una lingua dell'intimità, ma aperta a ogni essere umano, a ogni forma di vita.
Una lingua del non-dicibile e del non-traducibile, una lingua pre-babelica, una lingua originaria,
la vibrazione che attraversa la materia.
Con le parole, la poesia crea una sorta di dilatazione del tempo, ci chiede di intensificare
il più possibile la nostra attenzione e di sostare sulla soglia di un'altra dimensione.
E' in questa sospensione che il significato di una parola può aprirsi facendo affiorare altri
significati semiaffondati o sepolti nella materia della lingua.
Perchè la nostra lingua è un po' come una pasta madre, una materia ad altissima densità che può
dare vita a tante cose, ma allo stesso tempo è fragilissima, muore se non è nutrita.
E' la poesia a nutrirla, liberandola dalle scorie della comunicazione e dal nostro uso
strumentale delle parole.
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dalla trasmissione televisiva 'Terza Pagina' - RAI 5 del 17/4/2021