LE TESSITRICI DELLA STORIA
Telaio con danzatrice
Asse inclinata e sopra dodici paia di scarpe da donna con tacchi a spillo
Una carriola di sabbia rovesciata
Una fiaccola accesa
Da una trave pendono delle bamboline ritagliate nella carta
PENELOPE
Onde del mare, il suono della risacca
Una freccia attraversa la scena e va a conficcarsi sopra l’asse delle scarpe
Silenzio
L’acqua
Due ancelle entrano portando catino e stracci
Attraversano lentamente la scena soffermandosi a bagnare uno straccio e strizzarlo
Bisbigli, lamenti
VOCE
Nessuno vuole svegliare Penelope, quel sonno che la avvolge e la incatena, che la riporta indietro
alla sua giovinezza quando non esistevano guerre, assenza di dolori, pene, Proci. Atena le getta
sulle palpebre l’incanto di Ermes. La visitano i grandi sogni, le annunciano la salvezza di
Telemaco e il ritorno di Ulisse. Ma Penelope conosce il morso dell’insonnia, strazi,
intollerabili rimpianti, incertezze, dolori che nella veglia non può sopportare. Di notte disfa
la tela che il giorno tesse e nella trama la sua voce…
PENELOPE
Nessun uomo è privo di un nome. Dimmi la terra e le genti e la tua città. Dì, perché piangi? Hai
conosciuto l’angoscia? Parlami, io rinnego il tempo: il tempo è un dio senza maschera, per me
inizia l’esilio e io come ogni essere mi trovo divisa tra il semplice vivere terrestre e la sua
origine. Striscio la vita con la faccia nella terra e con le radici oscure di una società muovo le
mani su fili invisibili. Mi vogliono fedele! Calpesterò radici e labirinti.
Lontano suono di tamburi e abbaiare di cani
I rumori sfumano
Tornano i bisbigli, i lamenti, lo sgocciolio degli stracci
VOCE (come per svegliare qualcuno da un sonno profondo)
Penelope… Penelope… Penelope… viola il tuo sonno, dimmi quanta morte c’è nella tua vita.
PENELOPE
Io vorrei sentire i battiti della notte come il cuore dell’eterna madre terra, ma il mio cuore è
vuoto, corre incontro all’ombra e si accorda con il tempo delle tempie. Vedo tacchi a spillo e
litanie. Vorrei violare, vorrei nuda avere un parassita sulla pelle. Sì… mento a voi, a me stessa,
perché ora conosco la mia condanna. Ho visto nascere la parola, l’astuzia, il maestro!
VOCE
Non dirmi che sarò per te la peggior tortura?
Eccomi, sono qui, devo scendere ancora più in basso, ma vita e morte sono chiamate a vivere.
PENELOPE
Che la radice dell’Occidente sia speranza della Nuova Legge e si costituisca in Passione che
presieda alla storia?
Vedo corpi dilaniarsi e noi parliamo di legge, leggi; il potere sembra
appartenerci per diritto?
VOCE
Uscire, uscire da qui, sono venuto perché credo che la verità sia quella cosa che gli dei ci
gettano quando ci abbandonano.
PENELOPE
Il mio presunto lutto mi ha portato la canzone dell’acqua e quella musica non appartiene a nessuno.
Le mie braccia cadono per incanto come scenica storia della distruzione: chi ha nutrito capezzoli
di tradimento? Sento il latrare di anime, tesso il potere, il potere è solo umano! Maschere
attraversano la vita, la terra risponde a pareti d’aria, risposte fatte d’abuso dei giorni. Vecchi
proni pregano, negano, masticano bestemmie, fanti e dame in una partita a scacchi fanno parte di
una corte dove l’eterna scommessa è fra il bene e il male.
Abbasserò per voi la cortina di Ulisse, dividerò lo spazio e il dubbio si specchierà nell’essere
tempo.
VOCE
Un giorno mezze ombre danzeranno origine e segno.
Nella corsia umana si respirano gli spessi muschi della mente.
PENELOPE
Vorrei dipingere la perfetta immagine del Paradiso degli aspetti. Ho atteso confusa nella storia e
sotto alte resine ho dormito sotto il peso di un altro corpo, volta al delirio di un amore
sconsacrato. Il corpo ha una sua storia aldilà dell’anima.
VOCE
La vita è fatta di comparse, gli dei hanno dimenticato questa terra o solo giocano con i passi
naufraghi di un giorno?
PENELOPE
Il potere ha i suoi filosofi, squali che si nutrono senza riserve. … Ma ecco che gli dei si
preparano al banchetto; lì ambizione e dovere hanno il ruolo di un’olimpica follia. Solo “Nessuno”
ha compreso che assenza e presenza sono un’equazione storica.
Le due ancelle poggiano il secchio e gli stracci
Si cambiano in coro
CORO
Le muse hanno la loro scena,
la storia sfugge ai canoni del racconto,
ma il sacrificio fa parte della generazione:
nel dire si trascina il nostro tempo.
PENELOPE
Sull’ombra delle tombe madri mogli piangono. Omero ha portato l’esperienza della liquidità.
Io Penelope ho sentito come mosaico quelle ancelle di una filastrocca.
CORO
Scegliete la più bella ma la sorte le ha già scelte!
VOCE
Fermati ! Omero ha omesso i pensieri segreti. Le dodici fanciulle lunari hanno celebrato
l’orgiastico rito della fertilità. Ed ecco che ricompare la parte oscura della luna, che si
rispecchia nel sangue come purificazione.
PENELOPE
Le nostre ombre si allungheranno, diventeranno palcoscenico,
danzeranno, diventeranno argine e segno. Sentirò il battito degli uccelli nel cielo e vivrò la
cortina di un sogno. Il mio telaio tesserà al banchetto della notte il proprio doppio e il corpo
dell’amnesia.
Ho cercato il suo volto come una trama vissuta e nella latrina della storia ho sentito il suo
orecchio ascoltare la storia.
Ora che sono morta so tutto, ho raggiunto la condizione dei senza labbra: confonderete il mio
bisbiglio con il vento … Vi prego parlatemi… ditemi: anche io sono stata! Voi chi siete?
CORO
Tradussero il nostro istante in tessuto sociale:
nell’aria appese noi respiriamo…
Qui solo ombre, echi…
PENELOPE
Signore, smettetela di dare spettacolo! Toglietevi quelle corde dal collo! Sedetevi! È scritto qui,
in questo libro: le ancelle furono stuprate !
CORO
E… il Grande Re
con l’arco della Grande Madre
con una freccia ha attraversato
le scuri del rito della vita e della morte.
Lo scopo:
dimostrare il suo potere sulla vita di lei.
L’impiccagione ha avuto luogo,
ma siamo noi, le dodici ancelle,
le dodici fanciulle della luna,
a penzolare nel vuoto
e non quel pene patriarcale.
Come dice, Signore?
Sì è esatto, i mesi lunari sono tredici,
quindi avremmo dovuto essere in tredici,
la tredicesima era l’incarnazione di Artemide
la nostra somma sacerdotessa:
Nient’altri che lei era, infatti, la regina Penelope!
PENELOPE
Parlatemi… ditemi… Anch’io sono stata tessuta in un sudario, l’acqua è tornata a essere il mio
elemento. Un grande occhio spalancato su chi diventò maestro d’inganni. Ed eccomi al commiato:
versatemi del vino sulla tomba e ditemi, vi prego, che mai nei secoli la sostanza è mutata. Così
io sono… restata vergine e tuttavia sposa… vergine e tuttavia madre, e la mortalità si è mescolata
con l’immortalità. Così resterò donna virtuosa.
Presto! Riprendiamo i corteggiamenti
io, dal canto mio, darò vita ai lamenti.
Musica e danza (“Un giorno mezze ombre danzeranno origine e segno“ “Striscio la vita con la faccia
nella terra e con le radici oscure di una società muovo le mani su fili invisibili” “i battiti
della notte come il cuore dell’eterna madre terra”)
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da copione spettacolo San Nazzaro Sesia, Abbazia di San Nazzaro e Celso, sabato 30 maggio 2009
Penelope, Maria Gloria Grifoni. Calipso, Loredana Bianchi. Elena, Elena Bruno. Ulisse, Bruno Tortoreto.
Musiche, Simone Porro. Danza, Vittoria Fedele.